RENÉ DE CHATEAUBRIAND

« Mio caro amico, comincio una lettera senza sapere quando avrò il tempo di finirla. Soddisfazione completa dell’Italia.
Il paese ricchissimo, nel complesso vi soddisfa, ma solo i particolari vi entusiasmano. Praterie, che nel verde vincono la freschezza e la finezza dei pascoli inglesi, si alternano con campi di mais, di riso, di frumento; su questi campi s’alzano vigneti che formano da un palo all’altro ghirlande sopra le messi; il tutto è piantato di gelsi, noci, olmetti, salici, pioppi e lo bagnano fiumi e canali. Sparsi qua e là, contadini e contadine, con i piedi scalzi e con cappellani di paglia sulla testa, falciano le praterie, segano i cereali, cantano, guidano coppie di buoi, o fanno salire e scendere le barche lungo i corsi d’acqua. La scena si prolunga per quaranta leghe e cresce di interesse sino a Milano, centro del quadro: a dritta si scorge l’Appennino, a sinistra abbiamo le Alpi.
Si viaggia assai presto; le strade sono eccellenti, gli alberghi, superiori ai francesi, valgono quanto gli inglesi. Comincio a credere che la Francia, così civile, sia invece un po’ barbara. Non mi stupisce più lo sdegno che gli italiani han conservato per noi transalpini, visigoti, galli, germani, scandinavi, slavi, anglo-normanni: per essi il nostro ciclo plumbeo, le città fumose, i villaggi fangosi debbono essere orribili. Le città e i villaggi hanno qui ben diversa apparenza; le case sono grandi ed esteriormente nettissime, le strade larghe e affiancate talvolta da ruscelli di acqua viva, in cui le donne lavano la biancheria e bagnano i piccoli.
Torino e Milano hanno la regolarità, la pulizia, i marciapiedi di Londra e l’architettura dei più bei quartieri di Parigi; vi sono anche raffinatezze particolari: in mezzo alle strade, perché il movimento della vettura sia meno violento, si son poste due strisce di pietre lisce, sulle quali scorrono le due ruote; così si evitano le asprezze del selciato. La temperatura è mite: eppur mi si dice ch’io trovero il cielo d’Italia solo al di là dell’Appennino ».

Lettera del visconte René De Chateaubriand al sig. Joubert

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